Un festival annuale e itinerante dedicato alla performance. Alcuni artisti sono selezionati attraverso una open call internazionale, altri hanno invece partecipano su invito del collettivo stesso. Nel corso dei festival vengono organizzati momenti dedicati alle avanguardie storiche dell’arte performativa italiana: SUPERMEMORIA, una discussione aperta con i protagonisti di quella stagione – anni 70/80 – importante e ricca. I partecipanti saranno coadiuvati da proiezioni video, fotografie, documenti. Una modalità conviviale e fuori dalle convezioni specialistiche, che ci permetta di attingere a testimonianze originali e di accogliere gli interrogativi direttamente dalle nuove generazioni di artisti.
Nel nostro modo di interpretare e vivere l’artivismo, abbiamo rintracciato un parallelo essenziale tra azione performativa, etica sportiva, slancio, impegno, coraggio. In ogni edizione del festival abbiamo quindi scelto a simbolo un atleta la cui dimensione di vita e gesto sportivo sconfinassero nella rappresentazione e nella significanza.

Muhammad Ali
per la sua eleganza, il suo stile innovativo; per l’impegno politico e sociale, le scelte culturali rivoluzionarie, la coerenza etica; per avere cambiato il proprio nome sfidando l’America razzista; per essere stato simbolo e realtà del possibile riscatto del suo popolo; per avere rischiato la galera schierandosi contro la guerra nel Vietnam.

Jarmila Kratochvílová
per essere stata, nonostante la sua eccellenza, oggetto di scherno, denigrata per la mascolinità e la “bruttezza” fisica; per la passione e la costanza che le hanno consentito di ottenere numerosi record mondiali, uno dei quali imbattuto per 40 anni;

Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira
Per il suo carisma, la grazia e la leggerezza, l’intelligenza tattica nel gioco; per avere dato vita a Democrazia Corinthiana come forma di resistenza al governo dei militari, un esempio di squadra non gerarchica, senza competizioni interne, dove giocatori e operai collaboravano in assoluta parità; per il suo ritirarsi dal calcio e mettersi a disposizione come medico nelle favelas.
SAMIA YUSUF OMAR
Per la tenacia e la passione che l’hanno spinta a cercare un futuro da vivere; per il desiderio di perseguire il proprio sogno; per tutte le mancate possibilità che la condizione di donna africana le ha negato; per la morte che l’ha colta a vent’anni mentre tentava di raggiungere Lampedusa.